Un bambino che si reca nello studio di un odontoiatra è a tutti gli effetti un paziente, un piccolo paziente, che deve essere accolto con tutte quelle attenzioni che gli possano permettere di vivere positivamente l’esperienza della prevenzione e delle eventuali cure. Solo così diventerà un paziente adulto, responsabile e motivato a mantenere la sua salute.
In aiuto, nella gestione dei piccoli pazienti, arriva la suggestione narrativa d’infanzia. Mentre la psicologia infatti aiuta a comprendere i meccanismi della comunicazione empatica, occupandosi di “software”, il teatro aiuta a capire il nostro “hardware”, il corpo, ovvero come avviene la comunicazione verbale e l’espressione corporea.
Chi non ha mai subito da bambino la fascinazione di un racconto della mamma o della nonna? Aveva un grande potenza rassicurativa e ci consentiva di elaborare le paure, le angosce, i dolori e le sofferenze già dai primi anni della nostra vita.
Un dente da latte sarà sostituito da un dente permanente, e noi adulti lo sappiamo bene, ma per un bambino questa è la prima vera perdita di qualcosa che gli appartiene, perché ha fatto parte fisicamente e intimamente del suo corpo fino a quel momento. Per questo, la maggior parte dei bambini desidera conservarlo per consegnarlo alla fatina o al topino che sapranno prendersene cura.
L’utilizzo di un linguaggio magico, fondato sull’uso del valore mitologico, simbolico e metaforico, è molto più rassicurante per il bambino rispetto al ricorso veramente sterile del tecnicismo descrittivo che si utilizza solitamente in ambiente medico e odontoiatrico.
Prendiamo l’esempio dell’anestesia locale: la cosa più sbagliata è quella di enunciare al piccolo paziente una frase del tipo: “ora il dottore ti farà una piccola puntura, ma vedrai che non sentirai male”. In quest’affermazione parliamo di puntura che notoriamente mette ansia perché presuppone il dolore; inoltre, si parla di male, concetto decisamente negativo. (Ecco questi in neretto sono decisamente termini da non utilizzare mai). Molto meglio è parlare di una bacchetta magica con un liquido che addormenta il dente e la gengiva, evitando naturalmente di sfoderare l’ago davanti al bambino.
Il ruolo dell’assistente
L’assistente dentale, in questa circostanza, ha il ruolo più importante poiché deve “distrarre” il bambino e, con l’ausilio della fabula (racconto), portarlo in una sorta di suggestione ipnotica e onirica, mentre l’odontoiatra effettua l’anestesia, con tutte le precauzioni tecniche del caso per evitare di evocare dolore.
Esiste un grande repertorio di fiabe o favole che possono essere utilizzate, ma l’assistente dentale può esprimere la sua creatività comunicativa anche inventando delle storie che consentano l’identificazione positiva del piccolo paziente.
Il caso illustrato nelle due immagini dimostra come l’assistente abbia inventato una storia con l’obiettivo di far aprire bene la bocca alla bambina durante la seduta operativa. Nel racconto la bambina diventa il leone protagonista e l’assistente il simpatico topino che induce il leone ad aprire la bocca “grande, grande”.
È necessario, affinché il messaggio possa giungere in maniera corretta e completa all’orecchio dell’ascoltatore, che il racconto non venga letto, ma narrato: ciò permette di creare empatia tra il bambino-paziente e il narratore, e un conseguente rapporto di fiducia. La fiducia si crea inoltre nel momento in cui l’assistente dentale-narratore si trova in una situazione di ascolto rispetto alle emozioni che attraversano il bambino-paziente durante la seduta.
Ecco perché, dati i punti precedenti della narrazione, l’assistente dovrà essere ricettivo e pronto a modificare la narrazione per andare incontro alle esigenze del bambino, evitando così di rivestire il racconto di significati solo didattici, e quindi di moniti.